Orgoglio e pregiudizio: Tang Garden

di Nicola Mosca

Dopo innumerevoli giochi provati e dopo altrettanti innumerevoli giochi comprati, ho sviluppato dei pregiudizi nei confronti dei nuovi titoli di prossima uscita. Per carità, non sono mai assolutamente vincolanti, ma di base quando scelgo se provare un gioco piuttosto che un altro in base a come si presenta, tendo spesso ad affidarmi a questi virtuali paletti. Preciso inoltre che uso il termine pregiudizi perché vi parlo magari di giochi di cui non ho letto nulla, ma di cui ho visto solo alcune foto online ad esempio. 
Oggi vi parlo di un gioco che sinceramente sarebbe potuto rientrare nella categoria “non penso che mi piacerà” e che invece si è rivelato una piacevole sorpresa.

In questo caso vi esprimerò prima i miei dubbi in merito, ovvero quali fossero in questo caso gli elementi per cui non mi sentivo particolarmente attratto da questo gioco. Partiamo innanzitutto dal fatto che proviene da una campagna Kickstarter e già questo solleva in me dei dubbi solitamente. Il crowdfunding spesso è indice di potenziali problemi. Credo profondamente che l’andamento del mercato ludico da quando è iniziato questo trend sia cambiato profondamente e, sia chiaro, a mio modo di vedere in peggio. Spesso il Kickstarter attrae le persone fornendo alta qualità dei materiali, elementi scenici, miniature e soprattutto tonnellate di contenuti extra. Ecco, a me questa politica non piace. 
Per me il focus del gioco devono essere le meccaniche.
Focus su pochi elementi, ben congegnati, testati nel profondo, perfetti nell’insieme come un orologio svizzero. Se non bastasse, la meccanica del gioco è una meccanica di per sé abbastanza semplice, stiamo parlando di un piazzamento tessere e non me ne vogliano tanti altri stupendi piazzamenti tessere sul mercato, ma di per sé questa meccanica è associata comunemente a giochi con livello di difficoltà medio-basso, poco articolati, per cui spenderei una cifra contenuta e di certo non acquisterei mai tutte le espansioni. Chiarisco meglio il punto: avete presente quei casi in cui compro un gioco che di base è semplice, con un target family, per poi tentare di complicarlo con le espansioni? Scusatemi ma ci vedo qualcosa di malsano in tutto ciò.


Bene, inizierei a fare quindi nomi e cognomi. Il gioco in questione è Tang Garden, gioco per 1-4 giocatori di Francesco Testini e Pierluca Zizzi pubblicato a livello internazionale da ThunderGryph Games e portato in Italia da GateOnGames.
La mia resistenza iniziale inizia a cedere quando mi viene offerto di giocarlo durante un #GiocaCon alla presenza del gentilissimo Francesco Testini. Penso quindi che sia il caso di dargli una chance virtuale, anche perché alla presenza dell’autore potrò eventualmente sollevare tutti i dubbi e le eventuali critiche del caso.
Come se non bastassero tutti i miei preconcetti, un altro bias condiziona la prima partita: dichiaro ai miei colleghi di redazione in chat la mancata conoscenza delle regole di gioco e loro mi rispondono “ah, ma tranquillo, tanto è molto semplice”.
Ve lo voglio precisare perché poi quando mi è stato spiegato il gioco ho colto che in realtà non stavo provando un Carcassonne qualunque, ma sicuramente un gioco con delle meccaniche piuttosto avanzate. Anche se le azioni possibili nel gioco sono due, la meccanica di gioco ti permette di innescare una serie di combo davvero interessanti, ma… Fermiamoci un attimo e partiamo dal principio.


Tang Garden come vi anticipavo è un piazzamento tessere. I giocatori costruiranno un classico giardino cinese, composto da tile di differente tipologia contenti principalmente 3 elementi caratteristici: vegetazione, roccia e acqua. Svolgendo le nostre azioni guadagneremo innumerevoli monete e chi a fine partita ne avrà di più sarà il vincitore. 
Cercherò di illustrarvi le meccaniche core del titolo.

Le due azioni possibili del gioco sono:
  1. Piazzo una delle tessere giardino disponibili sul tabellone centrale.
  2. Pesco carte decorazione dal mazzo e ne scelgo una. Conservo la carta e piazzo la relativa decorazione all’interno del giardino.
A contorno di queste due azioni ci sono una serie di sotto regole non proprio banali. Innanzitutto, ogni giocatore ha una propria plancia dove sostanzialmente si tiene conto di tre tracciati con i colori abbinati alle tre tipologie di elementi indicati precedentemente: verde per la vegetazione, marrone (che poi è arancione!) per la roccia e blu per l’acqua. Ogni qual volta si posizionano tessere contenti gli elementi specifici si ottengono dei passi su questi tracciati. Non voglio tediarvi con i dettagli di come è possibile ottenere questi bonus (qualcosa di molto simile a tutti gli altri giochi di piazzamento tessere, con qualche piccola innovazione in più), ma piuttosto farvi comprendere a cosa servono: se tutti i tre i segnalini raggiungono o superano alcune soglie, otterrete un nuovo personaggio.


Dico nuovo perché di base ne avete già uno e sostanzialmente servono a due cose:
  1. Potrebbero darvi un bonus attivabile durante il gioco (non tutti i personaggi ne sono forniti)
  2. Potrebbero darvi monete a fine partita in base a determinate condizioni asimmetriche
Il twist interessante è che nel momento in cui avrete due personaggi, uno dovrete piazzarlo nel giardino e vi permetterà di ottenere un numero variabile di monete principalmente come indicato al punto 2, ma smetterà di darvi l’eventuale bonus di cui si parlava nel punto 1 da quel momento in poi.


Tenendo a mente tutto questo, sappiate che ci sono altre piccole meccaniche di contorno, ma penso sia chiaro che a questo piazzamento tessere è stata data una buona dose di ormoni. Non voglio fuorviarvi e presentarvelo come un cinghiale da 2-3 ore, ma sicuramente è un gioco dove si deve pensare un bel po’ e alcune scelte possono davvero essere interessanti e “confermare o ribaltare” una partita facendovi fare una marea di punti.
E vi dirò di più, qui evidenzierei uno dei potenziali difetti del gioco: la paralisi da analisi. Sarà che rientro pienamente nella categoria dei pensatori, ma mi sono accorto più volte dell’impossibilità di calcolare nel turno degli altri la tua mossa, perché spesso la mossa del giocatore che ti precede in ordine di turno può completamente alterare lo stato di gioco e le tue scelte.
Detto ciò, la partita online mi aveva abbondantemente convinto, tanto che ho annunciato pubblicamente la mia intenzione di considerare Tang Garden tra i miei futuri acquisti.


Ripensandoci a bocce ferme però ho iniziato a ripensare ad un elemento che mi aveva fatto un po’ storcere il naso durante la partita. Per togliermi ogni ragionevole dubbio, ho cercato di riprovare il gioco con una copia fisica (non si sa mai, sarebbe potuto anche essere un difetto della rappresentazione digitale del gioco).

Ho fatto quindi un’altra partita con una copia di un'amica (che ringrazio sempre per la sua fornitissima libreria) e ahimè, devo dire che anche con il gioco fisico ne è affetto.

Nulla di trascendentale, per carità, ma cerco di spiegarvi le mie perplessità: vi sto parlando di un aspetto grafico che riguarda l’ergonomia del gioco, ovvero le icone che contraddistinguono i luoghi dove piazzare le decorazioni e le icone sulle tessere paesaggio. In questo gioco si è scelto di premiare notevolmente l’aspetto estetico del prodotto, rendendolo oltre che un bel gioco, un bell’oggetto di design splendido da guardare. Tutto perfetto, ma io al tavolo (e non solo io), ho riscontrato alcune difficoltà nel distinguere queste icone. Avrei preferito una scelta cromatica molto più netta, icone più grandi anche a discapito della bellissima illustrazione e un’iconografia più stilizzata, ma maggiormente riconoscibile.

Per la rubrica de La Settimana Enigmistica: trova le differenze

Al netto di questa criticità, anche la seconda partita ha confermato la mia ottima impressione. Tang Garden è davvero un bellissimo gioco. Anche le perplessità legate al rapporto costo in retail (54,99€) - tipologia di gioco, sono svanite dopo averlo assaporato.
Cospargo di cenere il capo, metto da parte l'orgoglio e ammetto che per questa volta i miei pregiudizi erano infondati. 
Per questa volta.

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